Sfogliatella Santa Rosa: un dolce che racchiude una storia

Sfogliatella Santa Rosa

L’ispirazione è necessaria, per parlare di questo dolce in maniera appropriata.

Ebbene, eccola qui la mia sfogliatella Santa Rosa: se ne sta adagiata sul piattino, silenziosa e dorata, con la sua forma triangolare, così familiare, dominata dalla decorazione di crema pasticcera e l’inconfondibile amarena candita.
Qui è lì, un tocco di zucchero a velo, pronto a preparare il palato all’esplosione di dolcezza e croccantezza che seguirà al primo morso.

La sfogliatella Santa Rosa è un dolce musicale: se la assaggi, prova a mangiarla tiepida, possibilmente di fronte al mare, in un angolino silenzioso e appartato.
Al primo morso potrai ascoltare la melodia della Sfogliatella Santa Rosa: il suono delicato della sfoglia che cede e si rompe, cedendo il posto al ripieno dolce e cremoso.

Oltre ad essere un dolce musicale, la sfogliatella Santa Rosa  racchiude nella sua forma conica, che ricorda il cappuccio monacale, un connubio di sapori e consistenze che sembrano quasi metafora della nostra terra.

Ma oltre a questo, questo dolce tipico è legato ad una storia che ci porta indietro di qualche secolo.

C’era una volta nel Monastero Santa Rosa: come nasce la Sfogliatella Santa Rosa

Sfogliatella Santa rosa 1

La sfogliatella Santa Rosa nasce nel ‘600 a Conca dei Marini, tra le mura del Monastero Santa Rosa, da cui prende, appunto il nome.

Raccontare come nasce la ricetta fa riflettere su quanto la nostra cucina tradizionale sia legata alla necessità fondamentale di ottimizzare le risorse disponibili.

Se oggi la filosofia zero waste ha preso piede un po’ per moda, un po’ per la necessità di avere meno impatto ambientale, nei secoli quella del recupero delle materie prime era un’abitudine che, unita alla creatività, ha dato vita a piccoli capolavori di cucina.

Così è stato anche per la protagonista del nostro articolo, che non fu subito la sfogliatella che conosciamo noi oggi.
All’inizio si chiamava “Santa Rosa del Monastero”: non era, infatti, la sfoglia a custodire il goloso ripieno, ma una pastafrolla grezza, preparata con l’utilizzo di alcuni ingredienti avanzati dalla preparazione del vitto in monastero.

Si narra, infatti, che fosse il giorno dedicato alla cottura del pane e fosse avanzato dell’impasto: la cuoca del monastero, allora, ebbe l’intuizione di unire vino e strutto alla pasta del pane.
Dal pranzo, invece, era avanzata della semola cotta nel latte, a cui la monaca aggiunse zucchero, liquore al limone e frutta secca.

Il passaggio successivo fu la cottura al forno.
Chissà se chi stava cucinando, quel giorno, era consapevole della prelibatezza che sarebbe stata sfornata di lì a poco.

In ogni caso, la bontà del dolce, al quale fu dato il nome “Santa Rosa” fu subito evidente, tanto che si decise di venderlo ai cittadini di Conca: tramite la ruota, all’epoca in uso nelle Chiese per preservare la clausura delle monache, i cittadini lasciavano una moneta in cambio del dolce, che divenne anche simbolo della festa di Santa Rosa, che cade il 30 agosto.

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Da Conca dei Marini a Napoli: l’evoluzione della Santa Rosa del Monastero

Sfogliatella Santa rosa 2

Per tanto tempo la ricetta della Santa Rosa rimase chiusa tra le mura del convento, finché un pasticciere napoletano, Pasquale Pintauro, non riuscì a farsi confidare la ricetta da una zia.

Appresa la ricetta, il creativo pasticciere tornò a Napoli, dove decise di creare una sua variante del dolce: eliminò crema pasticcera e le tre amarene candite, dando vita alla sfogliatella croccante e fragrante che conosciamo oggi.

Una curiosità, anzi due, sulla mitica sfogliatella di Conca dei Marini

Presso la storica Pasticceria Pansa di Amalfi è possibile assaggiare il dolce realizzato con l’antica ricetta del Monastero.

I fratelli Pansa, infatti, dopo lunghe ricerche, hanno ricostruito i passaggi fondamentali di quello che doveva essere il dolce in origine.

Oltre a questo, ogni anno si teneva a Conca dei Marini la Sagra della sfogliatella Santa Rosa, una manifestazione con l’obiettivo di raccontare e diffondere la bontà di questo dolce che trasmette una storia tutta costierina di creatività, devozione e bontà.

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