I Vini della Costiera Amalfitana

Vino Costiera amalfitana

Prima di approfondire l’affascinante tema dei vini della Costiera Amalfitana, facciamo un breve cenno alla storia dell’uva in questa magnifica zona. La presenza della vite lungo la Costiera amalfitana affonda le sue radici all’epoca della Roma Imperiale o anche ad un’epoca precedente.

Il terreno in Costa d’Amalfi è caratterizzato da spazi poco sfruttabili, sia per estensione, che a causa della composizione rocciosa del paesaggio: per questo l’impianto della vite i passato avveniva adoperando altri tipi di piante, quali i nespoli, i mandorli e i noci. Il risultato che ne scaturiva era un singolare frutteto misto a vigna, dove i vari frutti crescevano insieme.

Solo a partire dal XI secolo, durante il Medioevo, la vite coltivata in Costa d’Amalfi diventa una fonte di ricchezza e conquista un territorio dedicato, separandosi dagli altri alberi da frutto.  Tuttavia, la questione dei terreni poco spaziosi e del territorio per lo più di tipo roccioso permaneva, per questo la coltivazione dell’uva si sviluppò su pergolati, lungo i quali i germogli potevano trovare spazio e crescere. Addirittura in mancanza di un fazzoletto di terra, si coltivava sull’astracum, l’atrico solare della casa o si ricopriva qualche tratto del greto fluviale. Un inidizio dell’importanza della vite nell’economia locale può essere individuato anche nell’abitudine dei longobardi di distruggere i vigneti delle popolazioni locali su cui avevano la meglio.

In passato la vendemmia avveniva come ai giorni nostri: i grappoli venivano raccolti, lavati e quindi pigiati attraverso l’utilizzo di un torchio di legno, il quale era collegato ad una grande vasca. Quest’ultima poteva essere in muratura oppure in legno: qui veniva raccolto il mosto, che veniva poi conservato all’interno di botti di legno e barili. Tali contenitori venivano poi lasciati riposare in un luogo interrato fresco e ventilato.

Tipi di uve amalfitane e vitigni autoctoni

La varietà di uve da vino che vengono coltivate lungo la Costiera Amalfitana si distinguono in Ginestra, Pepella, Ripolo e Fenile per i vini bianchi, mentre per i rossi e i rosati i vitigni sono i Piedirosso, Sciascinoso e Tintore.

Le condizioni climatiche di questa zona sono particolarmente adatte alla coltivazione dell’uva da vino, come si può intuire dalle coltivazioni millenarie, che lungo i secoli non hanno mai smesso di produrre vini molto pregiati.

Passiamo ora ad analizzare i vitigni che da cui nascono i pregiati vini amalfitani, incominciando da quelli che portano alla produzione dei vini bianchi.

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  • Ginestra: i primi riferimenti a questo vitigno risalgono al lontano 1825, tuttavia questo dato non è sicuro, a causa della sua somiglianza con la Bianca Zita, presente nelle zone delle cittadine Furore, Tramonti, Corbara e Positano, che ha fatto sì che i dati circa i due vitigni si confondessero l’uno con l’altro. Soltanto cinquant’anni dopo la Ginestra ha ottenuto il riconoscimento che le spettava, questo in seguito alle analisi del DNA della vite, da cui è emersa una parentela proprio con la Bianca Zita. Tali analisi hanno permesso di differenziare i due ceppi. La Ginestra è un vitigno è tipico dei comuni di Amalfi, Maiori, Minori, Scala e Ravello ed è caratterizzato da un profumo penetrante di ginestra, il fiore da cui prende il nome. Questo vitigno richiede potature frequenti e visibili, è resistente e la sua produzione di frutti è abbondante, sebbene i grappoli siano piuttosto piccoli. Una volta maturi, gli acini dell’uva Ginestra risultano poco zuccherini, mentre il tasso di acidità è elevato.
  • Pepella: questo vitigno è coltivato esclusivamente nell’entroterra amalfitano e il nome “Pepella” pare derivi dalla forma del grappolo, in quanto accanto agli acini di dimensione standard si possono trovare acini simili a granelli di pepe. Le origini di questo vitigno sono incerte, ma piuttosto recenti: parrebbe che sia stato introdotto alla fine dell’Ottocento nei comuni di Tramonti, Ravello e Scala. Questa uva non è molto diffusa. I frutti del vitigno Pepella maturano la seconda e la terza decade di settembre, gli acini presentano livelli di acidità e zuccheri contenuti.
  • Ripolo: questo vitigno non è molto fertile e la produzione è scostante. Ormai è coltivato esclusivamente nel territorio Amalfitano, in aree limitate e piccoli ceppi; tuttavia fino alla seconda metà dell’Ottocento si poteva trovare sulle pendici dei Monti Lattari, soprattutto a Pimonte, a Gragnano e a Castellammare. Il grappolo non ha un peso costante, ma varia molto da grappolo a grappolo ed è inferiore rispetto a quelli di altri tipi di uva.
  • Fenile: secondo le credenze contadine, l’origine del nome deriva dal colore dorato degli acini, molto simile al fieno. La produzione di questo tipo di vitigno è modesta, soprattutto a causa del peso contenuto dei grappoli. L’uva del vitigno Fenile matura tra la fine di agosto e i primi di settembre, e va raccolta subito, per non rischiare che la buccia sottile dell’acino marcisca. Questa varietà di uva è molto zuccherina, mentre l’acidità non supera i valori medi. I vitigni si coltivano nei comuni di Furore, Positano e Amalfi.

Ora passiamo ad analizzare i vitigni legati alla produzione dei vini rossi.

  • Piedirosso: il vino Piedirossovede la sua maggior diffusione in provincia di Napoli, tuttavia vitigno Piedirosso è coltivato soprattutto lungo la Costa d’Amalfi. La sua denominazione ha una storia molto particolare, in quanto deriva dalla traduzione della caratteristica principale del vitigno in un’immagine: Piedirosso (Per’ePalummo in napoletano), che si riferisce proprio al rosso dei gambi degli acini, i quali ricordano la zampa dei colombi. Questo vitigno è storico, e a metà dell’Ottocento veniva confuso con il Dolcetto d’Alba. La produzione del Piedirosso è bassa, gli acini sono molto zuccherini e poco acidi.
  • Sciascinoso: questo vitigno, rintracciabile in tutta la regione campana, è stato battezzato con diversi nomi: oltre a Sciascinoso lo si può incontrare nelle vesti di Sanginosa, Strascinuso e Olivella. I grappoli sono molto pesanti e caratterizzati da un livello zuccherino modesto, mentre l’acidità piuttosto elevata. Per questo il vino che ne scaturisce è acidulo.
  • Tintore: un vitigno tipico delle colline di Tramonti è quello Tintore, il cui nome è legato alle sostanze coloranti presenti in larga misura sotto la buccia. Questo vitigno non è molto fertile, i grappoli hanno un buon livello di zuccheri e di acidità totale. I vitigni sono coltivati prevalentemente attraverso l’uso di pergole.
  • ò8i questo vitigno è il più diffuso vitigno del Sud. L’uva di questo ceppo matura piuttosto tardi e la vendemmia avviene tra fine ottobre e i primi di novembre: si tratta della vendemmia più tardiva in Europa. Quest’uva viene colta quando ha appena raggiunto lo stadio di maturazione sufficiente, per timore che la raccolta tardiva possa rovinare il raccolto. È utilizzata nella composizione dei vini rosati.

I vini della Costiera Amalfitana: le tre sottozone Tramonti, Furore e Ravello

Vini della Costiera Amalfitana

La geografia della Costiera Amalfitana stupisce perché ha due facce: da un lato, il mare accarezza la costa rocciosa, dall’alto i monti si estendono verso il cielo.

In questo scenario, è impossibile non essere colpiti dalla conformazione dei terrazzamenti: terra letteralmente aggrappata alla montagna, che si affaccia sul mare.

Questo paesaggio unico, frutto di tecnica e di vero e proprio sacrificio fisico, trova massima espressione nelle zone collinari di Tramonti, Ravello e Tramonti.

Questo probabilmente perché la zona lungo la costa ha goduto da sempre del privilegio economico del turismo, mentre in quella collinare sbarcare il lunario voleva dire soprattutto lavorare la terra e far sì che fornisse il massimo possibile per sopravvivere.

Non a caso, anticamente le viti venivano impianate sulle macere, i muri verticali di contenimento, per ottimizzare lo spazio coltivabile, da destinare a frutti e ortaggi di stagione.

Questa sorta di “Costiera nascosta”, ha trovato nella sua intimità il proprio punto di forza, creando tipologie di uva che sapientemente mixate hanno dato vita a quel trionfo di qualità e unicità che contraddistingue i vini della Costiera Amalfitana.

Per questo, sebbene la zona Doc comprenda tutto il territorio della Costa d’Amalfi, da Vietri a Positano, l’area più comunemente nota è quella delle tre sottozone di Furore, Ravello e Tramonti.

La sottozona Furore comprende circa 35 ettari vitati: sembra un’area circoscritta, ma basta guardare un’immagine di Furore dall’altro per capire che il concetto di estensione è piuttosto relativo quando si parla di Costiera Amalfitana.
Parliamo di una zona che si caratterizza per un paesaggio che evoca emozioni che sembrano venire dal passato: le casette spariscono letteralmente nel verde della montagna e si ha l’impressione che non esista un vero e proprio abitato. Da qui l’appellativo, molto suggestivo, di Paese che non c’è, di cui ti parliamo approfonditamente in un articolo dedicato a Furore.

Questa conformazione ha creato negli anni una sorta di isolamento, che ha reso forse i vignaioli di Furore più accorti nella cura riservata all’uva: sarà forse questo che ha contribuito alla conservazione di uve come il Tronto, il Fenile e la Pepella.

Parlando dei vini della Costiera Amalfitana e, in particolare, di Furore, è impossibile non parlare della Cantina Marisa Cuomo, azienda che produceil Furore Bianco, il Furore Rosso, il Forioduva e il Furore Rosso Riserva. Te ne parliamo approfonditamente in un articolo dedicato ai Vini di Furore.

La sottozona Ravello comprende i vini della Cantine Caruso, attiva ufficialmente dal 1896, che produce il Gran Caruso, vino premiato nel lontano 1907 nel Massachussets, nel 1909 a Bruxelles a nel 1911 a Parigi.

Oggi la storica cantina produce due linee: oltre quella storica del Gran Caruso, vi è anche quella con l’etichetta Costa d’Amalfi Doc.

La linea Gran Caruso è prodotta da uvaggi non disciplinati, da vitigni autoctoni, spesso a piede franco, mentre per l’etichetta Costa d’Amalfi, le uve sono, per i biachi, Biancolella e Falanghina, per il rosso, Aglianico e Piedirosso.

Altra storica cantina di Ravello è la Cantina A. Sammarco, nata nel 1967, che etichettano le Doc Costa d’Amalfi, Bianco e Rosso e il Giardino di Klingsor, in omaggio a Wagner, che a Villa Rufolo trovò ispirazione. L’azienda produce anche vini da tavola, come il Parsifal Bianco (trebbiano, falanghina, Greco e Malvasia), frizzante Ravellino (Malvasia e Trebbiano) e Sammarco bianco, rosso e rosato.

La sottozona Tramonti rappresenta, con i suoi cinquecento ettari, la zona più estesa del territorio, ma soprattutto quella con il maggior numero di vitigni autoctoni, coltivati a piede franco in vigneti secolari.

Tra i nomi di vitigni autoctoni: Pellacchiona, Stepparossa, Tintore, Zaccarina, Capranesca.

Da segnalare: “E’ Iss”, tintore rosso in purezza, prodotto da Tenuta San Francesco, prodotto in quantità limitate con uva Tintore in purezza; i vini dell’Azienda Agricola Reale (Borgo di Gete, Cardamone, Aliseo e Getis) e quelli della cantina Apicella, prima ad imbottigliare vini a Tramonti.

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